Negli ultimi anni l'uso di film plastici per la pacciamatura del terreno e per la copertura di piccoli tunnel - soprattutto film in polietilene (PE) e copolimeri etilene-vinilacetato (EVA) - ha visto una diffusione crescente. Solo in Italia le plastiche utilizzate a tal scopo interessano attualmente più di 100.000 ettari di aree coltivate con un consumo annuale di circa 65.000 tonnellate di film che per la maggior parte (circa l'80%) sono abbandonate sul terreno o bruciate in modo incontrollato dagli agricoltori, in quanto non sono appetibili per il riciclo, con conseguente immissione di sostanze nocive nell'atmosfera e nel suolo. Infatti, mentre il recupero delle plastiche per teloni e serre da camminamento sta lentamente raggiungendo i target fissati dalla legge (75% da riciclare entro il 2005), nel caso dei piccoli tunnel e delle plastiche pacciamanti non riesce a decollare. Si va inoltre espandendo la pratica della solarizzazione che, sfruttando le proprietà serra di plastiche trasparenti (al visibile, mentre assorbono la radiazione termica infrarossa), riscaldano il terreno fino ad ottenere la devitalizzazione degli agenti patogeni senza l'impiego di gas fumiganti, quali il bromuro di metile, al bando nella comunità europea dal 2005. Anche queste plastiche si stanno aggiungendo a quelle per pacciamatura, e come queste non sono riciclabili. Il primo serio tentativo di affrontare il problema è stato condotto dalla Società Novamont che ha prodotto un film polimerico a base di amido, denominato Mater Bi, inizialmente progettato per uso quale shopper e poi, anche in collaborazione con l'ICTP, è stato rielaborato e formulato per applicazioni in agricoltura. I risultati agronomici sono stati confortanti e con costi che, per alcune colture, risultano competitivi con quelli del polietilene, tenendo conto del risparmio sui costi di smaltimento e alla possibilità di utilizzare spessori minori.Talora, in alcune applicazioni, il prezzo dei teli di pacciamatura biodegradabili può rappresentare un freno alla affermazione commerciale su larga scala. Come diminuire i costi? Un aspetto che potrebbe essere ottimizzato è quello relativo al processo di produzione che, per i materiali a base di materie prime rinnovabili, prevede talora la necessità di modificare fisicamente e chimicamente le sostanze naturali allo scopo di renderle trasformabili negli impianti di estrusione con cui si ottengono i film di poliolefine.Questi processi possono incrementare i costi e incidere in modo insostenibile sul prezzo delle materie prime. In queste tematiche si inserisce il progetto BIOCOAGRI (LIFE Environment 03/377), approvato dalla Comunità Europea nel settembre 2003, coordinato dall'Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri nella persona del Dr. Mario Malinconico, I Ricercatore, e che vede la partecipazione dell'Istituto di Cibernetica "E. Caianiello" di Pozzuoli, dell'Università di Napoli Federico II, dell'Università di Bari, dell'Università di Osnabrueck in Germania, della Società PSS in Svezia. Il progetto sviluppa un approccio sostenibile in cui una soluzione acquosa di polimeri naturali (polisaccaridi di origine marina e terrestre) viene ottenuta e spruzzata su un'area coltivabile per formare un film resistente della durata richiesta dall'applicazione specifica (settimane per la solarizzazione e mesi per la pacciamatura). Il processo prevede l'opportuna miscelazione di polimeri naturali e di additivi in modo da ottenere una specie di "vernice". A confronto, si impiegano film a base poliolefinica e film a base di amido che vengono forniti dalla società Polyeur (BN) e dalla Novamont (NO). Il progetto BIO.CO.AGRI. è attualmente in corso. Sulla base dei risultati preliminari, l'Università di St. Andrews,in Scozia, ha conferito al Dr. Malinconico un premio internazionale per le tecnologie ambientali.
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