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Funghi come potenziali agenti di biorimedio in suoli contaminati da

L'ampio utilizzo di asbesto nelle nazioni industrializzate ha lasciato una pericolosa eredità. L'esposizione a fibre di asbesto causa infatti asbestosi e tumori come il carcinoma bronchiale e il mesotelioma pleurico.
Nonostante l'estrazione e l'uso dell'asbesto siano stati banditi in molti paesi, grandi quantità di asbesto sono rimaste nei siti occupati da impianti dismessi. La decontaminazione di suoli in aree di estrazione e di lavorazione dell'asbesto è molto più difficoltosa rispetto alla sua rimozione da edifici, e fibre volatili sono facilmente rilasciate nell'aria.
Gli effetti nocivi delle fibre inalate dipendono da fattori fisici e chimici. La superficie delle fibre di asbesto, e in particolare il ferro, svolge un ruolo fondamentale nella patogenicità (i). La crocidolite, una delle forme di asbesto maggiormente cancerogene, contiene fino al 29% di ferro, il quale origina centri altamente reattivi quando presente sulla superficie in basso stato di coordinazione. Questo può provocare la formazione di radicali liberi che, danneggiando il DNA, inducono forme tumorali. Esperimenti in vitro dimostrano che la rimozione del ferro riduce la pericolosità dell'asbesto riducendo il potenziale di generare radicali e di danneggiare il DNA.
La maggior parte dei microrganismi necessitano di ferro per il proprio metabolismo, e alcuni possiedono strategie efficaci per recuperare questo metallo dall'ambiente. Piante, batteri e funghi rilasciano potenti chelanti come siderofori e acidi policarbossilici, che catturano atomi di ferro da particelle del suolo e le portano in soluzione.
Ci siamo concentrati sui funghi per il loro alto potenziale nel biorisanamento: essi colonizzano tutti gli ecosistemi ed esplorano grandi volumi di suolo grazie alla formazione di una vasta rete di ife. Inoltre, la loro biodiversità mette a disposizione un enorme riserva di geni e funzioni. Abbiamo pertanto investigato la crescita di alcuni funghi del suolo in presenza di crocidolite e la loro capacità di estrarre ferro da questo materiale. Abbiamo dimostrato che i funghi possono rilasciare considerevoli quantità d ferro dalla crocidolite (Figura 1). Le specie più efficaci tra quelle testate sono Fusarium oxysporum, Mortierella hyalina e Oidiodendron maius, un fungo micorrizico. Alcune specie ancora estraggono ferro dopo più di sette settimane di incubazione.
Inoltre, le ife fungine possono formare una rete di fini filamenti che immobilizzano le fibre di asbesto riducendo la loro dispersione nell'ambiente (Figure 1, inserto).
L'azione di chelanti fungini contribuisce a modificare in vitro la superficie delle fibre, eliminando i siti attivi verosimilmente coinvolti nello scatenarsi dei meccanismi di carcinogenesi. In seguito all'esposizione a funghi, in effetti, le fibre deprivate di ferro non sono stati in grado di generare radicali (iii).
Questi risultati, commentati su Nature Science Update (http://www.nature.com/nsu/030120/030120-2.html), suggeriscono che una progressiva estrazione del ferro dalle fibre disperse nell'ambiente, ad opera di funghi naturalmente presenti o introdotti, porterebbe a cambiamenti nella natura della superficie delle fibre che risulterebbe verosimilmente in una riduzione del loro potenziale cancerogeno.

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