09/02/2023
In relazione al convegno “Il Programma di Ricerche in Artico. Le sfide della ricerca” in corso oggi 9 febbraio presso la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche (P.le Aldo Moro 7) di Roma, una nota di sintesi sui dati presentati, a cura del Dipartimento scienze del sistema Terra e tecnologie per l’ambiente (Dsstta) del Cnr.
L’evento, compreso nelle celebrazioni del Centenario del Cnr, vede la partecipazione dei massimi rappresentanti delle istituzioni scientifiche coinvolte nel Programma, tra cui la Presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza: l’obiettivo è presentare i risultati dei primi anni del Programma e fare il punto sullo stato dei cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità in atto nella regione, valutando i possibili scenari legati a ulteriori impatti antropogenici sull’area.
Programma Ricerche in Artico (PRA)
Dati di sintesi
- Primo triennio: 2018-2020 (su Legge Finanziaria);
- Secondo triennio: 2021-2023 (su Fondi FOE).
Obiettivi:
- Focalizzare le attività scientifiche della comunità scientifica nazionale impegnata in Artico;
- Sostenere la presenza diplomatica nell’area attraverso la guida da parte del Comitato Scientifico Artico (CSA).
Contesto:
I più recenti rilevamenti confermano che l’aumento della temperatura in Artico è quasi tre volte rispetto alla media mondiale, con alcune regioni che presentano un aumento fino a 2.7°C ogni dieci anni, corrispondente addirittura a 5-7 volte il tasso di crescita globale della temperatura. Il ghiaccio marino artico si sta riducendo sia in estensione che in spessore a una velocità che non ha precedenti. A questo si aggiunge la fusione del permafrost terrestre e subacqueo con la conseguente accelerazione dell’immissione di gas climalteranti in atmosfera.
La riduzione del ghiaccio marino sta anche favorendo un incremento del traffico navale nella regione, con conseguente aumento dei rifiuti in mare e soprattutto con un aumento delle emissioni di fuliggine, che “sporca” il ghiaccio riducendone la capacità di riflettere l’energia infrarossa. Studi recenti confermano come anche gli incendi nella zona boreale - soprattutto nelle regioni siberiane come la Yakutia – stiano pericolosamente aumentando a causa della crisi climatica in atto. Si osservano anche importanti variazioni nella struttura e nella circolazione dell’oceano e dell’atmosfera, e impatti importanti sull’ecosistema.
Tutte queste variazioni influenzano processi che si estendono su scala globale. Quello che succede in Artico, non resta in Artico, ma impatta anche le medie latitudini. L'estendersi in Europa, e fino al Mediterraneo, delle conseguenze dei fenomeni di riduzione dell'ozono che hanno caratterizzato l'Artico nel 2011 e il 2020, è stato messo in evidenza da recenti studi anche di ricercatori italiani e rappresentano un esempio immediato di interazione e interconnessione tra le regioni artiche e le nostre latitudini.
L’Artico si conferma quindi una regione chiave per lo studio dei cambiamenti climatici, i cui effetti sono sempre più evidenti a tutte le latitudini. Per queste ragioni il PRA si è focalizzato sul fenomeno della cosiddetta “amplificazione artica”, sugli ecosistemi artici, sull’atmosfera e sulla colonna d’acqua dei mari artici, sulle ricostruzioni paleoclimatiche e sugli effetti della crisi climatica sulle popolazioni che vivono in Artico. Questa focalizzazione risulta ancora pienamente valida ed è stata estesa al triennio successivo, in corso.
La dimensione internazionale:
La norma istitutiva del PRA inserisce il Programma nel quadro delle collaborazioni internazionali dell’Italia relative all’Artico, con esplicito riferimento all’International Arctic Science Committee (IASC), al Sustaining Arctic Observing Network (SAON), al Ny Alesund Managers Committee (NyMASC), all’Arctic Science Ministerial (ASM) ed al Consiglio Artico. Il PRA ha richiamato anche altre importanti iniziative, in primo luogo in ambito europeo, quali lo European Polar Board (EPB), EU-Polarnet e INTERACT, ma anche per la parte infrastrutturale lo Svalbard Integrated Arctic Earth Observing System (SIOS) e l’Arctic Research Icebreaker Consortium (ARICE). In aggiunta, si possono citare l'Arctic Regional Ocean Observing System (ROOS), l’International Ocean Discovery Program (IODP), con tre progetti di perforazioni artiche a partecipazione italiana (uno a guida italiana) recentemente approvati, e il contributo italiano alle attività per il rafforzamento della International Bathymetric Chart of the Arctic Ocean (IBCAO).
Va sottolineato l’approccio corale nella partecipazione alle attività internazionali, che vede il coinvolgimento di Università ed enti di ricerca (in particolare Cnr, Enea, Ingv e Ogs), nonché di Ministeri (MITE, MUR, Difesa attraverso l’Istituto Idrografico della Marina Militare, MIMS, attraverso il Comando Generale delle Capitanerie di Porto), come ad esempio evidenziato nel rapporto al Consiglio Artico sul contributo dell’Italia quale Stato Osservatore.
Il PRA mette inoltre in evidenza l’importanza per la ricerca in Artico della Stazione “Dirigibile Italia” gestita dal Cnr alle Isole Svalbard sin dal 1997, come pure le iniziative italiane presso altre strutture artiche, a partire da quelle di Enea, Ingv e Università di Roma Sapienza presso l’High Arctic Atmospheric Observatory (THAAO) di Thule in Groenlandia e dell’Ingv presso le stazioni di monitoraggio della ionosfera a Ny Alesund e Longyearbyen.
Sul piano infrastrutturale, la novità per l’Italia nell’ultimo periodo è l’acquisizione di una nuova nave da ricerca polare da parte dell’OGS, la nave oceanografica Laura Bassi, che ha già effettuato una prima campagna in Artico, con tre progetti di ricerca co-finanziati su fondi PRA, e che auspicabilmente potrà tornare in Artico, in coordinamento con le attività previste in Antartide. A questa disponibilità si aggiunge, a partire dal 2023, quella della nave oceanografica del Cnr, Gaia Blu, in grado di svolgere ricerche in oceano e in aree polari artiche durante la stagione estiva. Vanno ricordati anche gli osservatori marini profondi al largo delle Svalbard (mooring oceanografici), mantenuti dal 2014 con sforzo congiunto di Ogs e Cnr, con il supporto dell’Istituto Idrografico (IIM) e del Centre for Maritime Research and Experimentation (CMRE).
Gli obiettivi della ricerca:
Comprendere, a livello quantitativo, i complessi processi responsabili della “Arctic Amplification”, ovvero i motivi per cui l’Artico si sta scaldando a un ritmo molto più veloce del resto del pianeta. A questo proposito saranno da considerare tutti gli aspetti del sistema climatico artico, privilegiando un approccio integrato che affronti:
- i cambiamenti della criosfera, dell’atmosfera neutra e ionizzata, dell’oceano, della biosfera e delle loro interazioni anche con gli aspetti geologici e geomorfologici e del geo-rischio;
- la caratterizzazione dei cambiamenti della composizione, della dinamica, della stabilità e della struttura verticale dell’atmosfera e della colonna d’acqua dei mari artici, inclusi il rilievo batimetrico e i cambiamenti nella circolazione oceanica, dei fiordi e le interazioni fra circolazione costiera e oceanica, i cambiamenti nel ciclo idrologico artico, e considerando anche l’analisi dei possibili effetti dei cambiamenti che avvengono in Artico sulle condizioni meteoclimatiche alle medie latitudini;
- i cambiamenti degli ecosistemi artici, sia marini sia terrestri, e le relative conseguenze sulla dinamica e distribuzione delle popolazioni animali e vegetali, sulle interazioni suolo-vegetazione-atmosfera, sui cambiamenti della fenologia e sulla biodiversità nel contesto dell’attuale rapida de-glaciazione continentale e marina. L’effetto degli inquinanti sull’ecosistema e più in generale sull’ambiente artico, e lo sviluppo di approcci che permettano di ridurne le conseguenze negative;
- le ricostruzioni paleoclimatiche e l’analisi e la modellazione dei processi che influenzano e hanno influenzato durante transizioni climatiche la criosfera nell’Artico, tramite l’integrazione di dati geochimici, geologici e geofisici dell’ambiente marino e delle carote di ghiaccio;
- gli effetti dei cambiamenti climatici e ambientali sul benessere, sulla salute e sulla sicurezza delle popolazioni che vivono in Artico, nonché sullo sviluppo sostenibile della regione e la preservazione delle culture tradizionali indigene, sia per la mutata disponibilità di risorse, sia per l’aumentata variabilità ambientale, sia per l’effetto degli inquinanti.
Dati economici
Il progetto è stato finora finanziato con 1 milione di euro anno: il Cnr, attraverso il CSA, riesce a mettere a call circa l’80% di questo budget. Le call fatte finora sono state due per progetti di ricerca e una per potenziamento di infrastrutture di ricerca. E’ in uscita una terza call per progetti di ricerca, con un budget di circa 1,4 milioni di euro.
Per informazioni:
Fabio Trincardi
direttore Cnr-Dsstta
fabio.trincardi@cnr.it
Ufficio stampa:
Francesca Gorini
francesca.gorini@cnr.it
Responsabile Unità Ufficio stampa:
Emanuele Guerrini
emanuele.guerrini@cnr.it
ufficiostampa@cnr.it
06 4993 3383
Vedi anche:
- Tabella progetti avviati (2019-2020-2021)
- Artico strategico per clima (Askanews del 10/2/2023, CnrWeb.tv)
- Ricerca in artico: dati e obiettivi (Video Cnr WebTv del 14/2/2023, CnrWeb.tv)
Immagini: