Comunicato stampa

POTENZIALITA' TERAPEUTICHE DA UNA RICERCA CNR-OSPEDALE S. RAFFAELE DI MILANO

07/06/2000

COMUNICATO N. 33/2000


POTENZIALITA' TERAPEUTICHE DA UNA RICERCA CNR-OSPEDALE S. RAFFAELE DI MILANO


Roma, 7 giugno - Aldo Ceriotti, ricercatore dell'Istituto Biosintesi Vegetali del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano e M. Serena Fabbrini, ricercatrice del Dipartimento Biologico e Tecnologico dell'Ospedale S. Raffaele di Milano hanno lavorato ad uno studio per la produzione di nuove proteine con una potenziale attività antitumorale, i cui risultati sono stati pubblicati recentemente dal FASEB Journal, la prestigiosa rivista della Federazione Americana di Scienze Sperimentali.

I due ricercatori hanno ottenuto i risultati partendo dalla constatazione che batteri e piante producono tossine, armi letali da utilizzare contro cellule malate (bersaglio) come quelle tumorali. L'utilizzo può avvenire tramite l'ingegneria genetica, capace di creare una fusione (chimera) tra una proteina in grado di riconoscere la cellula bersaglio e la tossina stessa. E' nata così ATF-saporina, una proteina di fusione tra il frammento, ATF, di una proteina umana (la urochinasi) e saporina, una tossina prodotta nei semi di "Saponaria officinalis", una pianta diffusa nel nostro Paese. ATF è in grado di legarsi ad un recettore che è presente in grandi quantità sulla superficie di diversi tipi di tumore con elevato potenziale metastatico e di veicolare la chimera tossica ATF-saporina all'interno della cellula bersaglio (malata). A questo punto saporina, inibendo la sintesi delle proteine, provoca la morte della cellula bersaglio.

ATF-saporina deve essere però prodotta in cellule che a loro volta (come le cellule bersaglio) sono sensibili alla sua azione letale, e che quindi sono rapidamente uccise dalla tossina che stanno producendo. I due ricercatori italiani hanno affrontato il problema trovando la soluzione per proteggere la cellula ospite usata per la produzione di ATF-saporina. Lo stratagemma è stato quello di equipaggiare la cellula ospite con anticorpi capaci di neutralizzare la tossina stessa.

Questo approccio, che si può definire come una sorta di immunizzazione intracellulare, potrà essere esteso ad altre fusioni (chimere) ad elevato potenziale terapeutico, rimuovendo una delle cause che potrebbero impedirne la produzione.



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